Nel 1822, poco dopo la morte di Napoleone e durante la restaurazione borbonica in cui si succedevano moti rivoluzionari organizzati da giovani intellettuali che, convinti dagli ideali illuministici e romantici, credevano nell’uguaglianza dei diritti e nel progresso civile e sociale, Catanzaro finì sulle pagine di cronaca per un efferato omicidio ai danni del ventenne Saverio Marincola.
Saverio Marincola apparteneva ad un’ importante e potente famiglia patrizia, da tempo in conflitto con un’altra nobile, ricca e influente famiglia di Catanzaro: quella di Emanuele De Nobili.
Quest’ultimo fu Gran Ciambellano del Re Giuseppe Bonaparte, il quale venne ospitato nel 1806 nel loro elegantissimo palazzo settecentesco, Palazzo De Nobili, fatto arredare per l’occasione con pregiatissime sete locali da Olimpia Schipani, moglie di Emanuele.
Emanuele De Nobili e Olimpia Schipani avevano quattro figli: Cesare, Domenico, Antonio e Rachele.
Rachele De Nobili e Saverio Marincola si innamorano proprio nel 1822, avevano i palchetti vicini a teatro e si guardavano intensamente. Il loro legame è testimoniato da alcune lettere, nelle quali si scambiavano dolcissime parole d’amore.
Le due casate erano in contrasto a causa di un’antica inimicizia legata alle diverse ideologie politiche: Ignazio Maricola, padre di Saverio, nel 1799 aveva partecipato alla controrivoluzione realista pro Borbonica e fu denunciato nel 1806 da Emanuele De Nobili, che era giacobino, per aver saccheggiato, in un attacco compiuto dai realisti, la casa del barone Felice De Nobili.
I due giovani innamorati si incontravano di nascosto, lei si affacciava dal balcone prospiciente Via del Gelso Bianco e lui la aspettava lì per scambiare sguardi e poche parole, sognavano di sposarsi, speravano che le famiglie potessero porre fine ai dissapori. Invece, quando i tre fratelli vennero a conoscenza della loro relazione, spararono contro Saverio un colpo di fucile senza raggiungerlo e, due giorni dopo, il 7 novembre 1822 a Piede di Sala, riuscirono ad ucciderlo con quattro colpi.
Le indagini si indirizzarono immediatamente verso i fratelli De Nobili, che si rifugiarono alla Petrizia, la loro residenza estiva di Sellia. Cesare e Domenico furono condannati a morte, ma elusero la pena fuggendo a Corfù subito dopo l’omicidio. Antonio era minorenne, tornò in Italia per il processo e fu condannato a nove anni di reclusione.
Autorevoli libri di storia riportano un interessante intreccio tra la fallita spedizione dei fratelli Bandiera e Domenico De Nobili, che nel 1844 avvisò i consoli sardo, pontificio ed austriaco della partenza dei fratelli da Corfù con lo scopo di ottenere la grazia.
Rachele De Nobili, a causa della sofferenza per la crudele perdita del suo amato, decise di ritirarsi nel Convento delle “Murate Vive” di Napoli dove trascorse tutto il resto della sua vita.
Testo fornito per Artemide Soc. Coop. a r.l. da Linda Verre – Guida Turistica