“Mural”, Mimmo Rotella, 1949

Mimmo Rotella, uno dei maggiori protagonisti dell’arte italiana del Novecento, nasce a Catanzaro il 7 ottobre 1918 e qui è stato sepolto, accanto alla madre, dopo la morte avvenuta l’8 gennaio 2006. In mezzo, una lunga carriera internazionale e ricca di soddisfazioni. Ha viaggiato per il mondo, ha esposto nei musei più importanti, ma non ha mai dimenticato la sua città natale. Dopo gli studi presso il liceo artistico di Napoli e dopo essere entrato in contatto con i fermenti dell’arte romana coeva, nel 1944 torna a Catanzaro per insegnare disegno presso l’Istituto Tecnico Grimaldi e il Liceo Scientifico di Catanzaro.

Verso la metà degli anni Quaranta, essendo disegnatore all’ufficio progetti del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni, realizza il bassorilievo murale in marmo bianco e pietra policroma, ultimato nel 1949,  per nobilitare la facciata del Palazzo delle Poste Centrali di Catanzaro, che sostituì lo storico Teatro Real San Francesco, demolito nel 1938 e soprannominato San Carlino per le analogie architettoniche e culturali con il Teatro San Carlo di Napoli

Telegrafi, tasti,  piccioni viaggiatori, buste delle lettere, tastiere di telefono, apparentemente staccati tra loro, spiccano in rilievo dalla superficie e sono collegati e coperti da radioonde in rilievo. L’opera muraria  rappresenta il progresso dei mezzi postali ed è fortemente rappresentativa della ricerca artistica coeva: sono anni in cui l’arte è caratterizzata da ricerche legate alla spazialità della superficie, che Rotella elaborerà raggiungendo i vertici espressivi con la creazione della tecnica del décollage. In “Mural” lo studio dello spazio e del plasticismo nella superficie è reso visibile dal rilievo delle immagini, presente anche nei dipinti ad olio prodotti dall’artista in quegli anni. Pochi anni dopo, nel 1951, il primo riconoscimento pubblico del Maestro Rotella presso la Galleria Chiurazzi di Roma, in cui presenta dipinti astratto-geometrici e poi una carriera artistica straordinaria.

Testo a cura di Linda Verre

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